Parco del Gran Paradiso

Il Cervino ed il lago Blu

Riceviamo e pubblichiamo questo interessante articolo della prof.sa Maria Grazia Vacchina, Presidente della LICD VdA.

Lega italiana contro il Dolore e Terapia del Dolore in Valle d’Aosta: Scuola e Casa circondariale.

Per imparare a vivere e aiutare a vivere il mondo degli adulti ha bisogno del coraggio dei  giovani. Basta leggere alcune pagine redatte dagli alunni del Liceo classico di Aosta sul tema Orizzonti di bioetica: riflessioni sul dolore e sulla finis vitae,  che abbiamo deciso di pubblicare dopo averle lette con rispetto e commozione, tanto più quando chi scrive è portatore di malattia grave e rara. Il che vale a sfatare supponenze dei grandi sui ragazzi e luoghi comuni sulla scuola di oggi.

Se ci sono studenti del genere e docenti che organizzano lezioni sul controllo del dolore anche per chi non può stare comodamente in aula, abbiamo tutti da imparare. E da credere che possa ancora aleggiare sul nostro tempo l’utopia della speranza, senza la quale sarebbe povero il mondo.

Un universitario colpito da cecità ha detto di aver incominciato a vedere quando i suoi occhi si sono spenti. Può sembrare retorica solo a chi pensa di avere in tasca il mondo e di vivere la vita come corsa per vincenti. Sono i deboli che salveranno il mondo, perché la fragilità concede occhi per vedere e capacità di produrre quegli anticorpi che alimentano la speranza; perché ai segni del potere è da preferire il potere dei segni, di valenza profetica. Allora si può comprendere che aiutare a vivere è importante quanto vivere e che vivere  è  soprattutto aiutare a vivere.

Nello specifico, sia per il malato che per il medico, merita un posto di rilievo la Dichiarazione di Miami, sottoscritta il 5 febbraio 2012 da un “consorzio” internazionale di “Società del dolore”, impegnate a promuovere attivamente la migliore pratica terapeutica a vantaggio dell’intera umanità, unite in uno sforzo comune volto a superare i limiti dell’attuale statuto di cittadinanza: perché ogni individuo ha diritto di avere accesso al miglior controllo del dolore, in ogni parte della terra e in qualunque condizione sociale.

E ciò anche se i governi e gli stessi operatori sanitari non sono ancora sufficientemente consapevoli, neppure nei confronti dei loro concittadini, del fatto che il dolore è un problema sanitario che fa i conti con la vita, con  il coraggio di vivere e di far vivere. E se a tre anni dall’emanazione in Italia (con unanime consenso della Camera, una volta tanto) dell’esemplare L. n. 38/2010, che l’Europa ci invidia, l’uso degli oppiacei in funzione terapeutica è ancora caratterizzato da evidenti squilibri (70% Nord, 25% Centro, 5% Sud), occorre chiedersi che cosa significhi essere partecipi dei diritti. Non basta perdersi nel sia pur legittimo e doveroso interrogativo sul perché del dolore, occorre provvedere con quanto possono offrire la scienza e l’amore (è sempre la vera novità e il motore più efficace nell’ambito del controllo del dolore).

Fa il punto sulla situazione in Italia una pubblicazione di Abaoutpharma and Medical Device, del dicembre 2012, Oltre il Dolore. Due anni dopo la legge 38/2010, edito da HPS-Healt Publishing and Services con il contributo incondizionato della Grunenthal  (un’azienda impegnata a “rivoluzionare il dolore” con un “programma internazionale per la cultura del diritto a non soffrire”). In copertina, ad effetto dinamico, un tavolo verde da biliardo con pallina n. 38, braccio e stecca posizionati per mandarla in buca… L’introduzione, di Walter Gatti (Diritto a non  soffrire: una sfida da vincere) ruota sul “passo eccezionale”, compiuto dalla legislazione italiana e “riconosciuto internazionalmente” con la legge in oggetto, un vero paradigma per l’Europa, dopo le Linee guida dell’OMS (luglio 2007) per la gestione del dolore: una volta tanto l’Italia ha anticipato le proposte di legge in discussione in Francia e Germania. La speranza è che la L. 38 diventi piattaforma operativa e assistenziale per l’intero Paese (rilevante, in merito, la Carta degli otto diritti contro il dolore inutile promossa da Cittadinanzattiva).

Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale, titola il suo intervento Legge sul dolore: una vittoria sociale e assistenziale e ricostruisce le tappe fondamentali del lungo percorso culturale e normativo che, nell’arco dell’ultimo decennio, ha affermato il diritto a non soffrire. Esperto di punta in materia il prof. Guido Fanelli, presidente della Commissione Ministeriale Terapia del Dolore e Cure Palliative, che interviene con un concreto bilancio (Legge 38/2010: cos’è cambiato e cosa resta da fare), dichiarandosi “molto soddisfatto dei risultati”, con particolare riferimento all’unanime approvazione da parte della conferenza Stato-Regioni, il 25 luglio 2012, del documento predisposto dal Ministero sui requisiti minimi necessari per l’accreditamento dei centri di eccellenza e periferici previsti in rete per un’adeguata continuità assistenziale ospedale-territorio cui punta la Legge; c’è ancora da lavorare per la formazione degli operatori sanitari (cui risponde l’apertura universitaria di cinque Master), per garantire ai medici di famiglia una preparazione uniforme, per coinvolgere i farmacisti.

Rilevante il sistema di monitoraggio attivato dal Ministero mediante il cruscotto Nsis-Nuovo sistema Informativo Sanitario, in aggiunta al lavoro svolto dall’Ufficio XI-Direz. Gen. Progr. San., significativamente istituito in periodo di tagli alla spesa (con attenzione al paziente pediatrico, al coordinamento delle due reti regionali di cure palliative e terapia del dolore sottoscritto il 16 dicembre 2010 tra Governo e Regioni, all’assistenza continuativa, al diritto del paziente ad un percorso personalizzato). Puntualizza il problema su Il Medico di Medicina Generale e la terapia del dolore Giacomo Milillo, segretario gen. della Federazione Medici di Famiglia, più critico sui risultati anche per il settore specifico di competenza, peraltro determinante. William Raffaeli, presidente Fondazione Isal, punta sulla Gestione del dolore: quali terapie sostenibili? La cura del dolore cronico, focalizzando il Progetto VEDUTA-Valori esistenziali contro il dolore nelle unità di terapia ed assistenza – “esperienza pilota”, promossa dal Ministero della Salute, attenta alle cause di insorgenza del dolore, allo stato psicologico del paziente, per un’alleanza virtuosa tra medico e utente. Viene lasciato spazio ai cittadini dal segretario gen. di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso: I cittadini e la Legge 38, con dettagliata statistica dei malati, non solo oncologici, potenziata da efficaci slogan provocatori (Aboliamo i dolori forzati, Non siamo nati per soffrire, alla base della campagna IN-dolore con Guida per non soffrire inutilmente).

 LICD-logoIn questo contesto, la LICD-VdA si è mossa promuovendo la cultura del rispetto della persona e della vita. Lo ha fatto aprendo le finestre sul mondo, con particolare riferimento alle esperienze medico-giuridiche più significative, e indirizzandosi a tutti i cittadini (in verità, gli operatori si sono interessati dopo gli utenti, eccezion fatta per i responsabili ospedalieri specifici, con cui la sinergia è da sempre feconda). Abbiamo  pungolato politici e USL sino ad ottenere il rispetto della L. n. 38/2010 almeno per quanto attiene il reparto ospedaliero, finalmente a norma anche se fuori dall’ospedale, e il territorio, con apertura di due ambulatori rispettivamente in alta e bassa Valle.

Abbiamo constatato che il progetto della LICD-VdA  di apertura di uno “sportello per il cittadino” proprio dove mancava l’ambulatorio, in funzione di stimolo per il pubblico, ha visto l’estensione del progetto su tutto il territorio e per ogni necessità socio-sanitaria, con apertura di otto “sportelli sociali” da parte della Regione. Il mondo del volontariato ha colto l’orientamento a diffondere la cultura dei diritti con il fine di rendere attivi i cittadini eleggendo un membro del nostro Direttivo quale rappresentante del volontariato in seno alla Consulta regionale salute e benessere sociale.

Attualmente l’attenzione della LICD-VdA è focalizzata sul Carcere, dove non è di casa la cultura del diritto/dovere al controllo del dolore: un dolore accresciuto dall’immobilità forzata e dalla sofferenza che interessa, con diversa gradazione e reazione, tutti i ristretti; ne va anche della pace sociale, visto il potenziale esplosivo che un Carcere racchiude, con conseguente maggior dovere e necessità di attuare politiche e pratiche deflattive, essenziali sia in rapporto al territorio sia per il futuro reinserimento.

Castello di Fènis

Castello di Fènis

Per sconfiggere il male, o quantomeno domarlo, servono indicatori sociali e familiari. E’ questa la vera vittoria della medicina oggi, mentre per secoli la scienza è parsa interessata solo alle vittorie sulla malattia: cosa importante, ma non sufficiente, perché salvare la dignità della persona e rispettare la vita in tutte le sue forme è la vera civiltà dell’amore e il traguardo più alto per gli eredi di Ippocrate. Ma questa è saggezza che viene dall’esperienza (difficile, diversamente, valutare l’impatto del male sulla vita quotidiana, sul lavoro, sul reddito familiare), da quella sofferenza con cui dobbiamo fare i conti quando il dolore ci colpisce  nella persona o negli affetti. Perché, se il dolore “acuto” provoca ansia e preoccupazioni, il dolore “cronico” produce uno stato di infelicità persistente che può portare alla depressione anche grave: ma è possibile non soccombere, anzi continuare ad amare la vita se non amarla di più. Un appuntamento fondamentale dell’esistenza, attorno al quale si coagulano diritti e doveri da vivere con amore e per amore, sia come individui che come collettività. Certo, si devono muovere politici, scienziati e operatori del settore, ma nessuno può  chiamarsi fuori: sarebbe “correo” se non fossero portate  a buon fine – come programmato  tra referenti sensibili alla problematica di pesante impatto individuale e sociale – le Raccomandazioni Europee sui percorsi di cura dei Pazienti con dolore, la cui pubblicazione è prevista entro dicembre 2014. Il dolore rappresenta una significativa emergenza sociale ed economica in Europa per le persone e i sistemi sanitari: urge migliorare la qualità della vita dei pazienti, che possono collaborare per individuare best practice, accessibilità e possibilità di  trattamento efficace del dolore in tutti gli Stati membri dell’Unione (solo un approccio unitario può produrre modelli  applicabili di integrazione dei nostri sistemi politico-sanitari). Un vero e proprio “allarme europeo”, il dolore cronico, visto che più di un cittadino su tre ha difficoltà a svolgere le normali attività per via del dolore. Anche in Italia, nonostante la Legge 38 (che equipara il dolore cronico ad una vera e propria malattia, con obbligo di rilevazione e trattamento da parte del personale sanitario), crescono le assenze dal lavoro e cala il reddito a causa di questa patologia, mentre diffuse restano le carenze informative, che inficiano l’efficacia della Legge, punto di arrivo della L. n. 39/1999 e delle Linee guida del maggio 2001 per un “Ospedale senza dolore”, un “Ospedale a cinque stelle” come voleva il compianto don Luigi Ronco per la Valle d’Aosta.

La sofferenza nei luoghi di detenzione

La sofferenza nei luoghi di detenzione

Unico neo della L. 38/2010 e successive disposizioni, a nostro parere, non aver previsto interventi specifici  per i carcerati: il che, peraltro, può e deve essere superato se si considera, come doveroso, il ristretto un cittadino. Si tratta di un diritto-dovere indisponibile, non negoziabile, la cui mancata effettività rende vuoto nel quotidiano lo stesso dettato costituzionale, che, con l’art. 32,  tutela la salute come fondamentale diritto del cittadino e interesse della collettività: sicché, il mancato esercizio del corrispondente dovere mina le basi della nostra democrazia come ogni  violenza perpetrata o tollerata. E ciò non soltanto in riferimento alle patologie ritenute più devastanti, ma anche in relazione a quei malesseri che inficiano la qualità della vita del singolo, delle famiglie e delle comunità. Se il dolore è un appuntamento ineliminabile dell’esistenza, occasione per saggiare la qualità delle persone  per una sinergia del bene che può cambiare la vita, occorre lottare contro la sofferenza eliminabile, affinché la correità del non fare e la tentazione del moralismo lascino spazio alla solidarietà dell’agire, all’operatività dell’amore. “Sapere, senza saper amare, non è niente; essere felici è fare felici; vivere è aiutare  a vivere”: un esempio per tutti Raul Follereau.